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La nostra storia

La Congregazione delle Suore Missionarie di S. Carlo Borromeo Scalabriniane fu fondata a Piacenza, Italia, il 25 ottobre 1895. Ha come fondatore il Beato Giovanni Battista Scalabrini e come confondatori i servi di Dio Padre Giuseppe Marchetti e Madre Assunta Marchetti. La Sede Generalizia della medesima è a Roma. E’ costituita da sei province e svolge la sua missione tra i migranti in 26 paesi di quattro continenti.

Ogni Suora Missionaria Scalabriniana - MSCS - vivendo il carisma scalabriniano accoglie come impegno, responsabilità e dono l’amore di Dio e lo partecipa al migrante curando la vita di ogni uomo e donna che si trovano coinvolti nel fenomeno della mobilità umana. Questo si configura come continuità dell’intuizione e del progetto socio-pastorale di Giovanni Battista Scalabrini  fondatore della Congregazione, avviato con la collaborazione dei fratelli  Assunta e Giuseppe Marchetti, confondatori.

Il carisma scalabriniano vissuto dalle Suore MSCS è un’esperienza nata con il Beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza (Italia), nel momento della grande emigrazione degli italiani verso le Americhe alla fine del secolo XIX come risposta di fede che divenne anche istituzionale. Essa continua con gli eredi spirituali: i Missionari di San Carlo e le Suore Missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane; a loro si uniscono le Missionarie Secolari Scalabriniane che a lui si ispirano e anche il Laicato Missionario Scalabriniano, in crescita in tutto il mondo.

Nel tempo sono emersi elementi orientativi nel sentire e nel rispondere delle Suore Scalabriniane ai problemi dei migranti; tra questi, una parola-chiave da noi ereditata dal Fondatore e da lui attinta dal Patrono lasciatoci, San Carlo Borromeo  la parola “Humilitas”. Da questa parola le Suore imparano ad essere “sorelle”, “serve”, “gratuite”. Accompagnando i migranti nel loro esodo, esse vogliono ispirarsi al Risorto che, sul cammino di Emmaus, prende l’iniziativa del dialogo con tatto pedagogico e porta i discepoli allo svelamento della sua identità, ossia alla Verità. Il migrante, a sua volta, diventa per loro “maestro” e richiamo al rinnovamento continuo.

 

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